Ci sono persone da cui impari cose importanti nei momenti più strani della tua vita.
Una notte di un gennaio gelido del 1995 stavo tornando a Sarajevo insieme a due cooperanti di un’organizzazione umanitaria. Avevamo lasciato un ospedale di un piccolo paese della Repubblica serba di Bosnia (che non è la Serbia ma l’entità serba della Bosnia Erzegovina), dove eravamo capitati a tarda sera perché l’ambulanza che avremmo dovuto consegnare nell’ambito di una campagna di aiuti promossa da Donna Moderna ci aveva seminato.
Sulla strada la neve raggiungeva il mezzo metro, il giorno dopo era prevista una manifestazione violenta tra i componenti delle due etnie (era appena finita la guerra dei Balcani), non c’era un’anima in giro e tanto meno un benzinaio che ci potesse dare una mano (e una tanica di carburante).
Normale che fossi sull’orlo di una crisi di nervi. E forse una crisi l’avrei avuta se accanto a me non ci fosse stato Mauro che, con la sua flemma molto napoletana, scandì queste parole: «Che ti agiti a fare triglia? Passa tutto, passerà anche questo. Presto sarà solo un ricordo».
Oggi vi posso dire che è vero: in tante situazioni complicate (compreso qualche atterraggio… pauroso) quella frase e la consapevolezza che comunque tutto sarebbe passato mi hanno aiutato.
Mauro è Mauro Fermariello, che sulla carta di identità ha scritto fotografo, il lavoro che fa da tanti anni (e tanti lo ha fatto anche con me, quando il mio ruolo al giornale era quello di inviato).
In realtà Mauro è molto di più. È una specie di filosofo
che ti insegna a guardare la vita da un punto di vista completamente diverso dal tuo, per esempio. E a divertirti anche nelle situazioni più tragicamente assurde.
Una per tutte: eravamo a Chisinau, in Moldavia, per documentare lo stato degli orfanotrofi.
Chisinau è una città difficile e complicata e povera, ma era anche il luogo dove viveva il bambino che Mauro aveva aiutato con un’adozione a distanza che si era conclusa anni prima.
«Lo voglio incontrare» mi disse quando mancavano non più di 12 ore alla partenza del volo che ci avrebbe riportato in Italia. Come ritrovarlo, in così poco tempo, in quegli alveari di case dove l’inglese non lo parlava nessuno?
«Se vuoi qualcosa davvero, il tempo lo trovi»
sancì il filosofo napoletano (vero, vero, vero, altro grande insegnamento). E infatti, di corsa e per qualche minuto, riuscimmo a incontrare un bambino che intanto era diventato un ventenne lungo e magro, incredibilmente somigliante a Mauro.
Sono cambiati i tempi, io oggi sono “quasi inchiodata” alla scrivania e lui è ancora autore di reportage, non più sulle crisi internazionali ma sulle grandi famiglie di viticoltori.
E se scrivo queste note è per invitarvi a leggere il suo esordio da scrittore: Andar per cantine, (Mondadori), tre libri mica uno solo! Io sono una monferrina anomala, praticamente astemia, ma li ho trovati eccezionali. Un po’ come è Mauro (ma questo non glielo voglio dire).
Articoli che ti potrebbero interessare