Ho un papà di 89 anni che qualche mese fa, quando abbiamo detto addio per sempre alla mamma, ha deciso di emigrare in un mondo solo suo.
Ci sono giorni in cui ci divertiamo anche: mi racconta le sue battaglie sul Piave durante la prima guerra mondiale, che mi descrive nei dettagli pure se all’epoca non era ancora nato. Oppure mi telefona per dirmi “qualcosa che devi sapere assolutamente prima che sia troppo tardi”. E cioè di essere stato un agente segreto al servizio dei reali di Inghilterra…
E poi ci sono giorni di grande violenza e tensione, difficilissimi da capire e sopportare. E da raccontare.
È una vita sospesa quella che sto vivendo in questi tempi.
E mi lascia dentro un malessere fatto di sfinimento e tristezza e anche paura per quello che sarà.
Stamattina ero persa nei miei pensieri quando sull’affollatissimo autobus che porta a Linate è salito un signore anziano, elegante e curato più della media degli sgarrupatoni diretti in aeroporto che incontro tutti i giorni. Non ci avrei fatto caso se il tipo in questione non avesse cominciato a gridare (insomma, a parlare a voce altissima, ecco) rivolto al conducente. «Capitano, io sono un gentiluomo di campagna, non avvezzo alla città e ai suoi mezzi di trasporto. Pertanto mi aiuti: come arrivo all’ospedale San Raffaele?».
Non so se per i decibel o per l’alto tasso di cattivo umore che si respirava in quell’autobus, né il conducente né i passeggeri si sono degnati di rispondere. L’ho fatto io, e gli ho spiegato che una volta a Linate avrebbe dovuto prendere un piccolo autobus verde, il 923, e arrivare fino al capolinea. Mi ha guardato smarrito, tanto smarrito, e allora mi è venuto naturale dirgli: «Venga con me, prendo anch’io il 923 per arrivare in Mondadori».
È stato un viaggio surreale. Poco dopo Linate c’è il cantiere della BreBeMi, la bretella Brescia-Bergamo-Milano che da un anno fa impazzire il traffico.
Per tutto il tempo l’anziano signore mi ha illustrato con grande competenza – almeno così mi è parso – e con un entusiasmo persino commovente, le caratteristiche tecniche delle macchine escavatrici, mi ha parlato di riporto di terreno, mi ha spiegato come si fa il cemento, mi ha illuminato sull’utilità dei ponti che stanno costruendo davanti alla Mondadori, di cui nessuno di noi, peraltro, si è mai dato ragione.
Poco prima di scendere gli ho chiesto se fosse stato un ingegnere o almeno un capo cantiere…
E lì ho capito quello che avevo intuito: di avere di fronte non solo un uomo anziano, ma un tipo come il mio papà.
«Capo cosa? Io sono stato un pirata, e ho vissuto sui galeoni» mi ha detto, anzi urlato. «Ho solcato i mari. Anzi no. Ho sempre vissuto in campagna, in un maniero. Anzi no, ho domato le tigri in un circo. Allora capitano, quando arriviamo al San Raffaele?».
A questo punto i 15 passeggeri del pullmino 923 hanno applaudito.
L’anziano signore mi ha presa per un braccio: «Che ne dice cara, non ho avuto forse una vita meravigliosa?». E mi ha fatto un sorriso grande così. Io allora ho pensato che sì, in fondo ciò che è importante è che la vita sia percepita come meravigliosa. E non importa se non è quella che hai vissuto davvero.
Chissà se ha una figlia, mi sono chiesta. Chissà cosa le racconterà stasera. Chissà se da gentiluomo di campagna domani si trasformerà in uomo violento, per tornare a essere un amabile pirata il giorno successivo. Chissà se anche lui è emigrato in quel mondo dove trovano rifugio tantissimi anziani, sempre di più: dice l’Onu che il numero di persone affette da qualche forma di demenza senile aumenterà dai 25,5 milioni del 2000 ai 63 milioni del 2030, fino a diventare 114 milioni nel 2050.
Sono scesa e gli ho fatto un cenno di saluto a cui ha risposto con un altro sorriso. «Una vita meravigliosa» mi ha detto ancora.
E io, in quell’attimo e per un attimo, mi sono sentita meglio, consolata. Quasi in pace.
Non so la vita, ma oggi sì, oggi è stato un giorno meraviglioso.
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Monica, l’ ho riletto, ma lo ricordavo a memoria. Ogni parola, di quel tuo “giorno meraviglioso”.
Cara Monica, ho vissuto questa esperienza direttamente sui miei genitori, dopo una paura iniziale, un forte dispiacere, una sofferenza devastante, ho capito che è’ un modo carinissimo di non percepire più le falsità e le cattiverie di questo mondo. Guardo la mia mamma che era così pronta ad ogni discussione, che litigava se era il caso, si arrabbiata quando le cose non erano perfette, come le intendeva lei, la guardo oggi ed è la serenità assoluta, demenza senile solo nei paesi civilizzato, dove è’ tutto un apparire,,,, un modo semplice di distaccarsi. Sorridenti e sognatori, liberi di ricordare ciò che li ha resi felici! E stop! Baci lalla
ho scritto questo articolo e mio papà se ne è andato pochi giorni dopo. spero sia stato così come dici anche per lui. Ciao, un abbraccio