Ecco, se vi dovessi dire quale aria si respira in questi tempi, anche oggi che è la vigilia di Natale, ve lo racconterei non con uno dei grandi fatti accaduti nel 2019 su cui aprire una discussione intellettuale, ma con un piccolo episodio molto nazional-popolare.
Assisti a qualcosa di terribile e non trovi le parole per raccontarlo. Guardi quello che sta accadendo e non riesci neppure a pensare. Perché è troppo. E’ troppo.
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Davide Enia, 45 anni, palermitano, è drammaturgo, interprete e regista dello spettacolo L’abisso, accompagnato dalle musiche di Giulio Barocchieri e tratto dal suo romanzo Appunti per un naufragio(Sellerio).
E’ il 3 ottobre 2013. Al largo di Lampedusa, davanti all’isola dei Conigli, c’è un’imbarcazione carica di migranti, in gran parte somali ed eritrei provenienti dalla Libia. Vogliono segnalare la posizione e per questo incendiano una coperta ma le fiamme si propagano sul ponte. Il barcone si rovescia. E’ la più grande tragedia dell’immigrazione: 368 i morti.
Anni fa ho trascorso sei mesi con Medici senza Frontiere, un’esperienza da cui è nato un libro.
Ricordo bene quanto, i primi tempi, fossi presa ad appuntare situazioni e contesti e progetti che andavo visitando e a registrare interviste. Un impegno totalizzante, a cui si aggiungeva la concentrazione nel “salvare me stessa” dalle difficoltà di quei viaggi.
Come si restituisce la dignità a una ragazzina di 14 anni coinvolta in un giro di prostituzione? Cosa bisogna fare perché acquisti consapevolezza e rispetto di sé?
Il tormento di una giudice, pubblico ministero in un processo a un professionista romano coinvolto in un caso di cronaca che all’epoca ha fatto molto rumore, sfocia in una sentenza sorprendente e unica. Che Cinzia Spanò racconta in “Tutto quello che volevo. Storia di una sentenza” in questi giorni al teatro Elfo Puccini di Milano.