Ci sono numeri che bisogna conoscere. Numeri come questi.
Ogni minuto nel mondo 20 persone sono costretta ad abbandonare la propria casa a causa di guerre, carestia e fame, persecuzioni religiose o etniche, disastri ambientali.
Coraggiosi e altruisti, forti dei loro ideali e di un impegno che li porta a vivere vite disagiate in contesti poverissimi. O sconsiderati che corrono rischi enormi senza esserne consapevoli, pericolosi per sé e per gli altri. A dieci giorni dalla liberazione di Silvia Romano (la volontaria milanese rapita in Kenya e rilasciata dopo un anno e mezzo in Somalia), e mentre la Procura di Roma indaga sul sequestro e sui protocolli di sicurezza adottati dalla Onlus Africa Milele per la quale Silvia lavorava, si continua a discutere su quei giovani che se ne vanno in Paesi lontani ad aiutare chi non ha nulla.
«Era l’8 marzo. Siamo partiti da Roma per Milano su un treno vuoto. La sera abbiamo avuto un incontro in Regione Lombardia. Il 9 eravamo a Lodi dove abbiamo trovato un ospedale che stava resistendo allo tzunami dell’emergenza Covid.
Vivere un’epidemia. Il contagio, l’emergenza sanitaria, l’isolamento, le “curve” di infettati, di morti, di guariti.
E’ la situazione nella quale ci dibattiamo oggi, smarriti davanti a questo “qualcosa” che non abbiamo mai conosciuto ma che sta travolgendo il mondo occidentale moderno.
Vivere un’epidemia. Stefano Zannini sa cosa vuol dire.
A caccia di notizie per cercare di capire se il coronavirus sia una sciagura planetaria o un’emergenza reale ma messa in scena con tratti da tragedia, domenica ho seguito “In mezz’ora” di Lucia Annunziata che su RaiTre raccontava come all’estero vedessero la situazione italiana. Non sono uscite particolari novità ma una considerazione positiva sì: «Dai grandi problemi nasce sempre un’opportunità».
Sarà stato un caso ma subito dopo è comparso il cartello della campagna di Medici senza Frontiere in corso in questi giorni difficili.