C’era una volta l’orribile fiaba di Cappuccetto Rosso scritta in diverse varianti, le più famose firmate da Charles Perrault nel 1697 e dai fratelli Grimm del 1857. Una favola che mi raccontavano da bambina per poi guardarmi strano quando io strillavo che decapitare e tagliare la pancia a un lupo era crudele, altro che coraggioso.
C’era una volta un’orsa che si chiamava KJ2, viveva in Trentino nel suo habitat badando ai suoi cuccioli ed era controllabile dall’uomo perché munita di radiocollare.
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Sembrava salvo. Invece il lupo è ancora sotto attacco.
Anzi, nonostante il quasi milione di firme raccolte grazie alla mobilitazione delle associazioni ambientaliste e animaliste e alla petizione lanciata su Change.org dai Verdi, il piano che il 23 febbraio verrà sottoposto alla Conferenza Stato-Regioni prevede uccisioni per fini “scientifici” e caccia aperta nei parchi nazionali e regionali.
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Metto subito le mani avanti. Ho sempre tifato per il lupo di Cappuccetto Rosso, anche se già all’inizio della favola è chiara la fine pessima a cui è destinato. Mentre ho sempre pensato che Cappuccetto Rosso fosse un po’ scema; sua nonna, che la confonde con il lupo, parecchio stordita; il cacciatore che uccide il lupo e gli apre la pancia un essere crudele.
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il blog di Monica Triglia