«Non ho la presunzione di pensare di aver salvato la vita a quella ragazzina, ma sono certo che l’incoraggiamento, la vicinanza e la mia testardaggine le siano state da spinta».
Parla dalla Guinea Massimo Galeotti, quarantenne con il volto da ragazzo, origini fiorentine ma da 11 anni in giro per il mondo con Medici senza Frontiere. Parla dalla Guinea “sotto assedio” per l’ebola. Parla da Guéckédou, sud-ovest del Paese, dove l’epidemia è iniziata, per poi diffondersi in Liberia, Sierra Leone e Nigeria.
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Virginia, “mamma” di 800 piccoli migranti
L’altro ieri, nel porto di Pozzallo, in Sicilia, sono sbarcati 299 migranti. Arrivavano dalla Siria, dall’Iran e dalla Palestina. Tra loro 46 donne, di cui 3 incinte, e 52 bambini.
Vi dicono qualcosa questi numeri? O vi siete, anzi ci siamo, abituati e non ci facciamo più caso?
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La salvezza della Siria è nelle mani delle donne
La Siria è un Paese in guerra.
Lo è dal marzo 2011, quando migliaia di persone cominciarono a protestare contro il regime del presidente Bashar al-Assad ad Aleppo e Damasco. Nonostante la repressione violentissima, le proteste si diffusero. A maggio Assad schierò l’esercito nelle strade. Poche settimane dopo, con la nascita dei primi gruppi ribelli, cominciò un conflitto civile che continua ancora oggi. E che in un Paese di 22 milioni abitanti, ha provocato finora 140 mila morti, 3 milioni di profughi che hanno trovato riparo soprattutto in Egitto, Iraq, Libano e Giordania, e almeno altri 5 milioni di profughi interni, cioè persone costrette ad abbandonare le loro case.
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Cinque minuti di straordinaria infelicità
Il rosticcere sotto casa, quello che mi salva quando il frigo è vuoto e mi guarda con tenerezza quando addito le carote e gli chiedo cosa sono, inforca le coste bollite e mi dice nel suo milanese madrelingua: «A mi el me pias no, mi a soo minga Prandelli, che po’ anche lu…, ma Balotelli no! No no no!». Io lo guardo con un filo d’ansia impugnare il forchettone come fosse un macete. Lui scuote la testa. E dice, e sembra un singhiozzo: «Questo no».
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Quei padri che perdonano i figli assassini
Lorenzo Manavella è un bel ragazzo di 25 anni che, raccontano, “viveva per lo sport”. Lorenzo, giocatore di pallavolo e grande appassionato di beachvolley, nella notte tra il 15 e il 16 maggio a Santhià, in provincia di Vercelli, ha ucciso a pugni e coltellate i nonni Tullio e Pina e la zia Patrizia, per portarsi via 300 euro. Era sotto l’effetto della cocaina.
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