(testo del 31 maggio 2016 aggiornato il 25 ottobre 2016)
Era annunciato per oggi il pronunciamento della Corte costituzionale sulla possibilità di un processo Eternit bis contro l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, ultimo in vita tra i proprietari dell’Eternit, condannato in primo grado a 16 anni e in Appello a 18 per disastro doloso ambientale, poi prosciolto dalla Cassazione per prescrizione il 19 novembre 2014.
E poi, quando avevo quasi perso la speranza di ricevere un segnale – un qualsiasi segnale – da quella nave in mezzo al Mediterraneo, mi arriva un messaggio di Alina dalla Aquarius: «Stare in nave e lavorare è difficilissimo, almeno per me. Il bambino di nome Destiné Alex è stato fortunato, la mamma in Libia non ha mai fatto un controllo. Ha già un figlio avuto a 15 anni. Lei ne dimostra 30 almeno ma ne ha solo 21».
Nella foto che accompagnava la notizia dell’addio a Pluto, ho visto un cagnone dal muso intelligente, lo sguardo intenso. Così ho cercato, su Facebook, notizie che mi raccontassero di lui.
E ho trovato questa piccola storia. Tenera e importante.
Sabato, nel corso dell’udienza giubilare in piazza San Pietro, Papa Francesco ha detto che non bisogna confondere la compassione nei confronti degli animali con la pietà per gli uomini e le donne. In altre parole, ha lanciato un monito:
«C’è chi ama cani e gatti ma non aiuta i propri vicini».
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 otto operai della fabbrica siderurgica Thyssenkrupp di Torino vennero investiti da una fuoriuscita di olio bollente. Morirono in sette, nel giro di un mese, per le ustioni provocate dall’incendio: avevano tra i 26 e i 54 anni.
A quasi nove anni da allora, la Cassazione ha confermato la condanna della Corte d’Assise d’Appello per i sei imputati di quella tragedia sul lavoro ritenuti responsabili di omicidio colposo, omissioni di cautele antinfortunistiche e incendio colposo aggravato.