Questo è un pezzo scritto un po’ per ridere e richiede alcune premesse.
Uno. Commentare Sanremo come fosse l’evento del secolo è poco intellettuale, anzi zero. Ieri sera, mentre iniziava la finale, ero a teatro a vedere Pierfrancesco Favino e il suo meraviglioso e disperato straniero ne La notte poco prima delle foreste, di Bernard-Marie Koltès.
Ora, io lo so che Sanremo è Sanremo (uffa!). Che Baglioni è Baglioni (uffa! uffa!). Che i radical chic schifano il nazionalpopolare (uffa! uffa! uffa!). Che Pio e Amadeo ma chi saranno mai… Ma a me questi 20 minuti sul palco dell’Ariston sono piaciuti tanto. Forse perché su certi temi sono davvero un po’ disperata. Vi posto il video qui, se ve lo siete perso dateci un occhio (fino alla fine eh…).
Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno che hai voglia ad aspettare
Un tempo sognato che viene di notte
E un altro di giorno teso
Come un lino a sventolare
Inizia così “C’è tempo”, una tra le canzoni più belle di Ivano Fossati.
Avevo 15 anni e più che per la maglietta fina di Questo piccolo grande amore, trattenevo il respiro, come faccio ancora oggi quando sono emozionata, ascoltando Poster, canzone nella quale un Claudio Baglioni parecchio giovane, occhioni tristi, riccioloni sulle spalle, un po’ bietolone nel complesso, gridava (letteralmente): «Tu che intanto sogni ancora /sogni sempre/sogni di fuggire via/E andare lontano lontano/Andare lontano lontano». Che poi era quello che desideravo fare io davvero. E mi stupivo che un tipo così sapesse interpretare tanto bene quello che non riuscivo a spiegare neppure a me stessa. Continua la lettura di Baglioni, i migranti, Sanremo (e la libertà di dire ciò che si pensa)→
Il pezzo qui sotto è stato scritto il 23 novembre 2018. Silvia Romano è stata liberata il 9 maggio 2020.
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Succede questo. Che il Grande Giornalista scriva una cazzata sulla prima pagina del Corriere della Sera. Niente di strano e niente di scandaloso, anche ai Grandi succede di scrivere cazzate.