È la foto che oggi si è vista ovunque sul web. Questa bambina si chiama Hudea, ha 4 anni e alza le mani davanti al fotografo Osman Sagirli che impugna una macchina fotografica che lei scambia per un fucile.
Hudea ha 4 anni e si arrende. Simbolo di una generazione perduta di un Paese dove, denuncia Save the Children nel giorno in cui a Kuwait City si apre la terza Conferenza dei donatori per la Siria, le condizioni dell’infanzia sono drammatiche.
Sono almeno 3 milioni i bambini che in Siria non possono andare a scuola. In alcune aree, come quella di Aleppo, solo 6 su 100 hanno accesso all’istruzione. Nel 2014 la metà dei piccoli rifugiati non ha ricevuto alcuna forma di educazione.
La Siria ha perso almeno il 22 per cento degli insegnanti che aveva prima dell’inizio del conflitto: centinaia sono morti e migliaia sono scappati dal Paese. Almeno un quarto delle scuole sono state danneggiate o distrutte. The cost of war, ultimo rapporto di Save the Children, stima siano necessari 3,2 miliardi di dollari per recuperare le strutture scolastiche danneggiate, distrutte o occupate e provvedere alla formazione di nuovi insegnanti.
«A questo si aggiunge» ha detto Roger Hearn, direttore della regione Medio Oriente dell’organizzazione umanitaria «che le famiglie rifugiate che hanno perso ogni cosa, sono spesso costrette a dover mandare i propri figli a lavorare o a far contrarre dei matrimoni precoci, con la conseguenza di tenerli lontani dalla scuola, senza alcuna possibilità che vi facciano ritorno».
La “generazione perduta” dei bambini siriani che non avrà istruzione potrebbe potenzialmente costare all’economia del Paese una perdita intorno al 5,4% del Pil, circa 2,18 miliardi di dollari all’anno.
Ma ciò che è più importante è che «l’educazione può trasformare il futuro dei bambini in Siria. Perché li renderà meno vulnerabili al reclutamento nei gruppi armati, ai matrimoni precoci e allo sfruttamento».
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