Sono piccolina, bruna, ho le occhiaie e un’età molto autorevole (sigh!), e anche una propensione ad allargarmi che mi fa sentire in colpa tutte le volte che mi attacco al cucchiaione di Nutella. In più sono vice di un direttore che ha 18 anni meno di me. E non sono per niente entusiasta del governo Renzi, ministre comprese.
Per queste mie “caratteristiche tecniche” dovrei essere istintivamente più vicina al velenoso giudizio (ancor più velenosamente interpretato dai giornali, in verità) espresso da Rosi Bindi, presidente della Commissione antimafia, sulle donne ministro scelte, secondo lei, «non solo perché brave, ma anche perché giovani e belle…».
Dovrei, ma non lo sono. Anzi, quelle della Bindi sono frasi che mi danno fastidio. Tanto fastidio.
L’argomento è scivoloso, soprattutto per le “ragazze” della mia generazione, cresciute appena dopo quella sessantottina e prima di altre per le quali, a volte, femminismo è poco più di una parolaccia.
Non è stato facile neppure per me, a volte ancora non lo è. Ho amiche con figli a cui per un incarico di responsabilità è stato preferito un uomo perché “più libero”. E amiche senza figli che non hanno mai fatto una vacanza ad agosto “perché tanto tu non hai impegni famigliari” (e sono solo due di moltissimi esempi).
Però… ho l’impressione che oggi a discriminare le donne siano a volte le donne stesse.
Ribadisco. È vero: ho visto con i miei occhi, anche in un passato recente, donne che hanno ottenuto incarichi politici di prestigio (o conduzioni televisive o altro) senza altra ragione che certe “amicizie” importanti. Ma ho visto uomini ottenerle per la stessa ragione. E credo che questo abbia a che fare con termini come “corruzione” o “clientelismo” e non si fondi sulla differenza tra maschi e femmine.
Penso che sia il momento di smetterla di considerarci diverse.
Se anche noi continuiamo a lasciare intendere che la collega più brava ha fatto carriera “perché più bella e più giovane”, non facciamo altro che usare gli stessi tristi strumenti di quel maschilismo che tutte insieme dovremmo combattere.
Se anche noi commentiamo con un sospiro da vittime che per fare carriera bisogna essere più brave degli uomini, non facciamo che ribadire uno stereotipo. Dovremmo invece ricordare con un sorriso che essere più brave è una qualità.
Soprattutto dovremmo finirla di attribuire responsabilità nostre ad altri. Rosi Bindi ha fatto la sua carriera, ha avuto il suo bel potere (ne ha ancora, tra l’altro), ed è responsabile come tantissimi politici della situazione (pessima) di questo Paese. Cedere il passo a ministri e ministre più giovani (su cui sospendo il giudizio, vedremo tra qualche tempo cosa avranno saputo fare al di là del sesso e dell’età) sta nella natura delle cose.
Può essere difficile. Può essere anche un po’ triste, soprattutto se c’è chi usa termini odiosi come “rottamare”. Può non valere per tutti gli ambiti, ma per la politica sicuramente sì. E se sostenerlo è impopolare, credo che valga la pena correre il rischio di esserlo.
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