Io non so se Veronica Panarello, mamma di Loris, il bambino ucciso a Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, sia davvero colpevole. È una storia, quella che la vede protagonista, che si complica ogni giorno di più, mentre assume i tratti di un brutto romanzo giallo.
Mi fanno paura i processi sommari e ancor più quelli che “si celebrano” sui giornali. E io di Veronica so solo quello che leggo e vedo in tv: non è detto che sia la verità.
Si racconta che questa ragazza di 26 anni abbia alle spalle una vita difficile, dolorosa. Il vero padre scoperto a 14 anni, la madre che ha messo al mondo cinque figli con tre uomini diversi, due tentativi di suicidio ancora adolescente. E ora Loris: un bambino di 5 anni che un giorno, il 29 novembre, avrebbe dovuto essere a scuola e invece è stato ritrovato morto in un canalone. Ammazzato – secondo l’accusa – proprio da Veronica, la sua mamma. Loris è stato strangolato e si parla addirittura di omicidio premeditato.
Ora, io non so se Veronica sia davvero colpevole, ma tra i tanti articoli che ho letto ce n’è uno che mi ha colpito in particolare e che credo serva a farci pensare, qualunque sia la verità che gli investigatori alla fine troveranno.
È un articolo di padre Giuseppe Bettoni che nel 1991 ha dato vita ad Arché, una fondazione che si occupa del disagio e della sofferenza delle mamme in Italia e nei Paesi del sud del mondo.
Padre Giuseppe ha deciso di scrivere sul network Redattore Sociale una lettera-appello intitolata: “Rimbambiti, non sentiamo il grido di una mamma!”.
È una lettera forte: «In questi anni Arché ha conosciuto e accolto tante giovani donne come Veronica» è scritto tra l’altro. «Ragazze con disagi psicosociali così forti che, se non fossero state aiutate, avrebbero potuto distruggere per sempre quello che avevano di più caro. Donne spesso lasciate sole, confuse, che hanno avuto bisogno di un aiuto per ricostruire pezzo dopo pezzo loro stesse, per prime, e poi la relazione con il loro bambino».
Da qui l’appello alle mamme in difficoltà: «A ciascuna di queste mamme dico: lasciati aiutare, per cercare in fondo al cuore e alla tua solitudine quel qualcosa cui aggrapparti per inventare una speranza che oggi non sai vedere… non sei condannata a ripetere il tuo passato».
Ma non è tutto. C’è un appello anche alle famiglie e agli amici: «Non potete non aver sentito il grido di aiuto di questa mamma. Ve l’avrà detto in mille modi, ma forse eravate troppo distratti. Svegliatevi! Siamo rimbambiti da mille stupidaggini e non sentiamo più il grido di aiuto dignitoso e sottile di una donna».
E, ancora, l’ultimo appello: a tutti quelli – come me, come voi – che leggono le cronache: «Non giudichiamo. Anzi sì: giudichiamo il male che è sempre da condannare, ma lei non è solo la mamma di Loris, è Veronica, e se dovesse davvero essere stata lei a commettere un delitto così terribile, vorrei che potesse essere messa in condizione di trasformare la sua vita. La morte del piccolo Loris verrà archiviata tra pochi giorni come quella di tante situazioni che incalzano la cronaca, ma non sarà stata invano se potesse essere l’occasione di aiutare Veronica e le altre Veroniche che sono da sole ad affrontare un futuro che appare loro come un muro insormontabile».
È partendo da queste considerazioni – che trovo nascano da una grande umanità e nulla abbiano a che vedere con un giustizialismo senza senso – che vorrei sapere cosa ne pensate voi.
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