«Povertà, emarginazione, discriminazione. Subite da un popolo che ha un governo corrotto, che nulla fa per la sua gente. Se non ci sei stato, in Nigeria, non riesci a immaginare com’è. Davvero non puoi».
Quando gli chiedo: «Ma che Paese è quello?» Francesco Sincich, antropologo (e anche fotografo e documentarista), che in Nigeria ci è andato per Medici senza Frontiere, mi risponde così. «Non puoi neppure immaginarlo».
Ma ancora di più non posso immaginare una bambina di 10 anni che, un mattino, si veste e sotto il vestito ci mette (le mettono?) esplosivo. Una bambina che esce, va al mercato e poi si fa (la fanno?) saltare in aria tra la folla. Muore da kamikaze. A dieci anni. E muoiono con lei decine di persone.
La settimana scorsa, nei giorni in cui l’attenzione internazionale è stata tutta per l’attacco alla Francia e per la mobilitazione che ne è seguita, (troppo) poco si è parlato di due orrendi attentati che hanno fatto decine di vittime in Nigeria.
Il primo al mercato di Maiduguri, capitale dello Stato di Borno; il secondo al mercato di Potiskum, nello Stato nord-orientale di Yobe. Entrambi sono roccaforte dei terroristi islamici di Boko Haram.
«Le immagini provenienti dal nord della Nigeria dovrebbero bruciare la coscienza del mondo»ha commentato Anthony Lake, direttore generale dell’Unicef.
Ora, in questo pezzo si parla di quelle stragi nei mercati e di tre bambine kamikaze di 10 anni che si sono fatte esplodere tra la folla. A Maiduguri una ragazzina, a Potiskum due, sono saltate in aria tra la gente.Lo scrivo ancora una volta per convincere me stessa, innanzitutto, dell’esistenza di storie tanto assurde e crudeli.
Come può una bambina fare un atto del genere? Francesco Sincich me lo ripete: «Per chi vive in Occidente, per chi non ha mai visto quel Paese, capire è difficilissimo».
In Nigeria già sopravvivere è qualcosa di enorme. Si muore di guerra. E si muore di fame. «Quando finiscono le riserve di miglio e ancora non ci sono i raccolti nuovi, esplode il problema della malnutrizione» spiega Sincich, che proprio in un progetto di Msf su quella emergenza ha lavorato. Ma la gente non solo ha fame, «non solo è poverissima. Soffre della mancanza di qualsiasi prospettiva. Non vede per sé alcuna possibilità di futuro».
In un Paese dimenticato da tutti, diventa così possibile l’impossibile: il reclutamento di bambine kamikaze «facili da convincere – se davvero vengono convinte – che farsi saltare in aria in un mercato, in un Paese sempre in guerra, sia l’unica possibilità per contare qualcosa».
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Medici senza Frontiere lavora a Maiduguri, che è la città principale dello Stato di Borno, dall’agosto 2014. L’anno prima lo staff era stato quattro settimane all’ospedale di Baga dopo gli scontri violenti scoppiati nel Paese, ma poi era stato costretto ad andarsene per le condizioni di pericolo altissimo. Adesso, dopo l’attacco dei terroristi islamici di Boko Haram a Baga, che ha fatto più di 2 mila morti, Msf si sta occupando dei sopravvissuti che si sono rifugiati a Maiduguri, la città di una delle bambine kamikaze. «Maiduguri ha subito cinque attacchi nel 2014» dice Isabelle Mouniaman – Nara, direttore delle operazioni di Msf in Nigeria. «Tutte le strade che portano in città, tranne una, sono state chiuse. Ci aspettiamo altri attentati e le elezioni presidenziali del febbraio 2015 faranno aumentare tensioni e violenza».
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Francesco Sincich ha lavorato nella Nigeria del sud e a nord, al confine tra Nigeria e Niger, per progetti diversi, tra cui alcuni dedicati alle ragazze tra gli 11 e i 15 anni: ha insegnato loro a fotografare e a filmare (qui potete vedere Le Jeunes Filles, riprese video realizzate da Sincich sul lavoro con le studentesse). Di Sincich è anche il film “Lokkol” (La scuola) che, attraverso il racconto di Alwasi, 12 anni, e di Aikije, 11, mostra la vita di tutti i giorni dei Wodaabe, allevatori nomadi di zebù del Niger.
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