Una volta mi hanno chiesto di raccontare un mio momento di felicità. Che non è una domanda facile…
Però subito mi è venuto in mente quando, appena assunta con il primo contratto vero da giornalista, sono entrata in una grande libreria in centro a Milano con in tasca 200 mila lire (un gruzzoletto, tanti anni fa) da spendere in libri nuovi. Ricordo la libraia, una di quelle che oggi non esistono quasi più. Una signora gentile e colta che, un po’ divertita dalla mia eccitazione per il “regalo” che volevo fare a me stessa, mi aveva suggerito titoli e autori e raccontato storie che avrei ritrovato nei libri che avrei comprato.
Tornare a casa con quel sacchetto di libri è davvero stato un momento di felicità.
Pensavo a questo l’altro giorno, in un incontro nel quale si spiegava come saranno le librerie Mondadori da qui a qualche mese. Un progetto con un bel titolo, “Un mondo di cultura e emozioni”, per raccontare i nuovi store, anche digitali, che saranno dotati di tutti gli strumenti in grado di parlare alle persone che amano leggere, ascoltare la musica, aggiornarsi su cinema, arte, food, ambiente e cultura.
Quello che mi è piaciuto di più è che il progetto tornerà a dare grande importanza alla figura del libraio: persona che sarà formata per poter esprimere la sua cultura e il suo amore per i libri con tutti coloro che entreranno in libreria.
Ne parlavo in questi giorni con i miei amici. E ho capito che ciascuno di loro deve a un libraio la scoperta di un libro che ha lasciato il segno. Per Ferruccio In Patagonia, di Bruce Chatwin. Per Giusy Viaggio al termine della notte, di Céline. Per Camillo Magnolie per Siglinda, di Piero Ravasenga. Per Carlo, che fa politica da tanti anni, Il Movimento cattolico in Italia, di Gabriele De Rosa. Per Paolo, L’unico e la sua proprietà, di Max Stirner. Per Mimosa I figli della mezzanotte, di Salman Rushdie («una vita fa, grazie a un libraio di Roma. Mi si aprì un mondo»). Per Sandrone Il sole nudo, di Asimov. E per Flora Un giorno questo dolore ti sarà utile, di Peter Cameron («consigliato dal titolare di una libreria di Milano chiusa e rimpiazzata da un panificio-pasticceria…»).
Persino Edoardo, che nei libri lavora e si è sempre tenuto un po’ distante dai librai, ha ammesso: «Tantissimi anni fa un libraio illuminato mi fece scoprire Il giro di vite di Henry James».
«Io ho scoperto Stoner, di John Williams, grazie a un libraio di Livorno» mi ha detto Anna. «Me l’ha consigliando dicendo: “Sa, non succede nulla in questo libro. Non succede nulla ma senta come è bello”, e ha preso il libro e ne ha declamato una pagina».
Il libraio che declama le pagine di un libro io lo trovo meraviglioso.
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