Monica Pais e Mano

Il nuovo libro di Monica Pais su Mano, il cane che non voleva amare

Era l’8 aprile scorso e nella libreria Hoepli in centro a Milano presentavo Animali come noi (Longanesi), il primo libro di Monica Pais. Per ascoltarla erano accorse centinaia di persone. A un certo punto a loro avevo chiesto: «Quale tra le storie raccontate da Monica vi ha colpito di più?». La risposta, in coro, era stata «Quella di Mano!». Ricordo che io guardavo quella folla, gli occhi di molti si erano riempiti di lacrime, ed ero un po’ disorientata, perché la storia di Mano, che come tutti avevo seguito sui social, nel libro non c’era.

Ero disorientata ma una cosa mi era parsa subito chiara. Per quella comunità nata spontaneamente, forte di un senso di appartenenza che si era creato intorno alle storie degli animali soccorsi e curati da Monica e da tutto lo staff della clinica veterinaria Duemari di Oristano, il cane Mano rappresentava qualcosa che andava oltre il semplice racconto. Mano era il simbolo di due forze contrapposte. La violenza crudele dell’uomo, da una parte. L’amore profondo che quella violenza riusciva a vincere, dall’altra.

Giovedì 24 ottobre nelle librerie è arrivato Storia del cane che non voleva amare  (Longanesi) che racconta la storia di Mano. Arriva in un giorno particolare per Monica Pais, perché, come scrive lei stessa sulla sua pagina Facebook: «E’ un giorno in cui la stessa dedizione che abbiamo profuso per Mano non è stata sufficiente a salvare la povera vita di Tenerezza, l’ultima dei nostri rottami più sfortunati. Una giornata uggiosa, con questo squarcio di sole, che illumina un sentiero che ci spinge a continuare a provare, a non arrenderci mai. Grazie a Mano per aver resistito, grazie a tutti quelli che continuano a infonderci speranza».

monica-pais-storia-del-cane-che-non-voleva-piu-amare-9788830454163-3-300x445

Mano, cane maremmano randagio, sarebbe morto se un pescatore non lo avesse notato, incaprettato e con la museruola, mentre si agitava nelle acque di un canale. Quando era arrivato alla Clinica Duemari era una sorta di scheletro, «stremato, quasi annegato, molto più simile a uno straccio intriso d’acqua e fango». Non rispondeva a nessuno stimolo. Restava immobile con il muso verso il muro. Ma…

«Lo sguardo saettava spiritato e quell’occhio, a guardia di un corpo e di una vita oramai persi, sembrava provenire da un’altra dimensione. Un mondo di terrore, rabbia, ferocia. Tutto in uno sguardo».

Così, se una mano entrava nel suo campo visivo, lui mordeva. Mordeva per istinto, per scelta, per disperazione. Per paura.

Scrive Monica nel libro:

“La sua condizione clinica era spaventosa. Risultava positivo a tutte le possibili malattie infettive canine, ma a preoccuparci era soprattutto l’aspetto dei polmoni, letteralmente imbevuti dall’acqua che l’animale aveva aspirato nel canale durante il tentativo di annegamento.
Iniziammo senza molta speranza a somministrare terapie per risolvere la crisi respiratoria, convinti che non avrebbe superato la notte. Invece lui resistette e la mattina lo trovammo addormentato “per finta” sulla coperta pulita. Non sapevamo se esserne felici o meno perché, come presto scoprimmo, trattarlo non era facile né scevro di rischi. Nessuno poteva fargli una medicazione o somministrargli una terapia senza rischiare le mani. Lui le odiava. Solo se gli si copriva la testa con una coperta, allora restava immobile. Qualsiasi cosa volessimo fargli – prelievi, iniezioni, medicazioni – l’importante era fare in modo che non vedesse le nostre mani avvicinarsi a lui. In caso contrario, la controffensiva scattava letale: non muoveva un muscolo, né ringhiava per avvisarci del pericolo. L’unica cosa che fremeva era il labbro, a scoprire dei canini magnifici e inquietanti”.

Era iniziata così la sfida di Monica, per riportare Mano «tra i vivi». Una delle battaglie più lunghe, difficile e straordinarie di cui non vi racconto oltre, perché vale davvero la pena leggerla nel libro.

Quello che voglio dire ancora è che parte dei proventi del libro serviranno a finanziare i progetti della onlus “Effetto Palla” impegnata ad aiutare gli animali maltrattati, torturati e abbandonati. Gli ultimi. I “rottami” come li chiamiamo affettuosamente noi che da anni seguiamo Monica Pais.

Storia del cane che non voleva più amare, corredato dalle illustrazioni di Paolo D’Altan, ha una dedica:

“A tutte quelle vite che non trovano chi si

Impegni a salvarle da un destino avverso.

E a chi invece ci prova e non desiste,

anche quando la guerra sembra persa.

A Mano e a tutti quelli come lui”.

***

Nella foto in alto: Monica Pais con Mano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *