Sono stanca e triste e arrabbiata. La Cassazione ha annullato il processo Eternit, anni di battaglie finiti con una prescrizione dal primo grado.
Già stamattina si era capito che la condanna a Stephan Schmidheiny, il proprietario dell’Eternit, sarebbe finita nel nulla. Schmidheiny in appello si era preso 18 anni per disastro doloso ambientale perché – avevano stabilito i giudici di Torino – «aveva adottato misure minimali a costi ridotti» pur sapendo della pericolosità mortale dell’amianto, allo scopo di «conservare e rafforzare la sua posizione sul mercato». Producendo così «un’aggressione fisica e psichica, derivante tanto dalla sofferenza prodotta dalle malattie sia dalla consapevolezza di poter contrarre patologie mortali, specialmente il cancro maligno mesotelioma».
Che tradotto vuole dire che se ne era infischiato della pericolosità mortale dell’amianto, che il suo interesse era quello di guadagnare, e chissenefrega se sulla pelle delle persone, e che con il suo comportamento aveva condannato uomini e donne di un’intera città, chi a morire di mesotelioma, malattia da cui non è mai guarita una sola persona, e chi a soffrire per i lutti e la paura di ammalarsi che tutti ci portiamo dentro.
Prescritto. Condanna annullata, risarcimenti azzerati.
Che fatica e che sofferenza, anche per me, sempre lontana, che ho seguito sul video di un computer la gente di Casale non mancare un’udienza a Torino nei primi due gradi di giudizio e a Roma oggi, in Cassazione. Presente. Sempre. Negli anni a chiedere giustizia. Quella che ci spetta.
Bisogna tenere duro, ma stasera è difficile, e mi fa paura che tutto quello che la città ha passato, e quello che la aspetta ancora, finisca così, nel nulla, perché per un procuratore generale di Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello, non è un disastro se in una città muoiono oltre 2 mila persone di mesotelioma. Disastro è quando crolla una casa, non una fabbrica che uccide te e le generazioni che verranno. Nella requisitoria Iacoviello ha parlato apertamente di responsabilità di Schmidheiny, ma la prescrizione è un atto di diritto sebbene «non risponda a esigenze di giustizia».
Capito? Bisogna tutelare il diritto, negando consapevolmente giustizia a chi se ne è andato per sempre ucciso dall’amianto. E a tutti gli altri, a noi, condannati al lutto e alla paura.
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