Oggi, 28 aprile, è la giornata mondiale che ricorda le vittime dell’amianto. E a Casale Monferrato hanno deciso.
Là dove sorgeva l’Eternit, la fabbrica che per decenni ha riempito l’aria di quelle fibre sottilissime che provocano il mesotelioma, malattia che non ha mai visto una sola persona guarire, là in un parco che verrà inaugurato il prossimo autunno nasceranno piante di “Davidia involucrata”, detta anche “Albero dei fazzoletti” per i suoi petali bianchi.
«Rappresenteranno la lotta che la città ha combattuto e continuerà a portare avanti fino a quando, nel mondo, non ci saranno più morti d’amianto» dice Gea Casolaro, autrice del progetto che ha vinto il bando promosso dal Comune con il patrocinio dell’Afeva (l’associazione famigliari vittime amianto) per la realizzazione di un’opera da installare nell’area ribattezzata “Eternot”.
Casale, la città dove sono nata, è un simbolo: 36 mila abitanti e ben più di 2 mila morti finora per mesotelioma pleurico. E altri ce ne saranno ancora.
Da troppi anni stiamo tutti aspettando una giustizia che finora ci è stata negata: dopo le sentenze di colpevolezza in primo grado e in appello per i proprietari dell’Eternit che l’amianto facevano lavorare consapevoli ma incuranti della sua pericolosità per la salute, la Cassazione ha prescritto il reato di disastro ambientale essendo la fabbrica chiusa dal 1986.
Per i casalesi, condannati ad ammalarsi, a morire o a vivere con la paura, la pena però non sarà mai prescritta.
Eppure nessuno in città ha intenzione di mollare. Oggi a Casale si tiene un Convegno nazionale dal titolo significativo: “Liberi dall’Amianto”. L’obiettivo è bonificare ed eliminare questa fibra mortale da ogni dove.
Assunta Prato fa parte dell’Afeva: il marito Paolo Ferraris, consigliere regionale e politico di valore, nel 1996 è stato ucciso dal mesotelioma. Aveva 49 anni. «La forza di continuare a combattere la trovo in questo essere in tanti a non volerci arrendere» dice oggi Assunta. «Nel vedere intorno a noi uomini, donne, giovani, studenti sostenere la nostra stessa battaglia».
A Casale, dal 2012, i bambini e i ragazzi che frequentano dagli asili alle superiori, lavorano a “Scuole insieme”, un progetto per la sensibilizzazione sui pericoli dell’amianto e sulla necessità della salvaguardia dell’ambiente.
Il 31 maggio la Corte costituzionale si riunirà per decidere se sarà possibile processare una seconda volta il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, unico imputato dopo la morte dell’altro proprietario dell’Eternit Jean Louis de Cartier de Marchienne. L’accusa sarà quella di omicidio.
«Se ho speranza? Istintivamente ti rispondo di no» dice Assunta Prato. «Ma voglio credere che ce la faremo. Voglio pensare che chi è morto per colpa dell’amianto, chi è ammalato e chi si ammalerà nei prossimi anni, ottenga finalmente un giorno la sua giustizia».
«ll ricordo delle vittime dà il senso alla nostra battaglia» aggiunge Bruno Pesce, che è stato tra i primi a denunciare il pericolo rappresentato dall’Eternit ed è tra i fondatori dell’Afeva. «Abbiamo fatto tanta strada ma il problema non è superato. A ricordarcelo, ogni settimana, c’è una persona che muore o una che si ammala».
Giustizia e prevenzione, ecco quello che si chiede a Casale. «Noi ci aspettiamo un nuovo processo» dice Pesce. «Non lo vogliamo per vendetta, lo vogliamo per affermare la verità. Questa è una strage che non doveva succedere e disastri del genere non dovranno accadere mai più nel mondo». Perché Casale è la punta di un icemberg, ma di amianto si muore ovunque, a partire dall’Italia: «Almeno 1.600 casi ogni anno».
Daria Carmi ha 32 anni ed è assessore alla cultura, al turismo e alle politiche giovanili. Fa parte di quella generazione nata quando l’Eternit era già stata chiusa. «Noi abbiamo forse meno paura di ammalarci» dice «ma con la tragedia dell’amianto ci confrontiamo ogni giorno, tramite le storie delle nostra famiglie».
Quello che colpisce i più giovani, cresciuti sapendo dei pericoli dell’amianto, «è che per gli altri non sia così. Ci sconcertano la mancanza di consapevolezza, la sordità e anche la non conoscenza di tanti, in Italia».
L’obiettivo è ora di lavorare affinché l’Eternit e la sua storia possano poco per volta uscire «dal tempo della sofferenza personale» e diventare esempio di riscatto di una popolazione «che non si è mai isolata nel suo dolore ma che si è sempre presa cura degli altri».
Bisogna parlarne, anche con linguaggi differenti: come fa il film Un posto sicuro, uscito nel dicembre scorso a proiettato (ancora una volta) a Casale ieri sera. Come faranno gli “alberi dei fazzoletti“, monumento a ricordo di una storia difficile. E come fa da tempo questa città che, fermo restando l’impegno a testimoniare un passato che andrà ricordato come una guerra non ancora vinta, ha deciso di alzare la testa e guardare avanti, perché finalmente si parli di lei per l’impegno e la coscienza ambientalista, ma anche per le sue colline e il suo essere capitale di quel Monferrato che è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
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