Era il 3 ottobre 2001. Era sera, tornavo da Segrate, ho aperto la porta di casa e ho visto “un codino” scappare in corridoio. Era la Pisola, ma io ancora non lo sapevo.
Un topo, mi sono detta e per un attimo ho trattenuto il respiro. Poi è apparso il Miche con la faccia di chi ne aveva combinata una grossissima. E subito dopo è arrivato a tutta velocità, balzando su quattro zampe come una molla, un microscopico gattino. Che si è gettato su una cesta di fiori che era il mio orgoglio e ha cominciato a strappare petali e foglie.
Ricordo di aver pensato che un gatto tanto brutto io non l’avevo mai visto. E ricordo l’istante esatto in cui mi sono innamorata di quel gatto che in realtà era una gatta, il pelo di mille colori, una testa piccola piccola e un culone. Era terrorizzata e soprattutto mordeva se mi avvicinavo e scappava.
Era il 3 ottobre 2001 ed eravamo sulla fine di un anno tremendo come ne avrei vissuti pochi altri.
L’anno in cui mi ero ammalata davvero ed ero finita sotto i ferri per un’operazione che un po’ mi avrebbe cambiato la vita. L’anno dell’attacco all’America e alle Torri Gemelle e a quella New York dove ero stata catapultata tante volte per lavoro e dove avevo imparato a sopravvivere nonostante il panico e l’ansia di non farcela. Invece ce l’avevo fatta e io quella città la amavo e vederla colpita in quel modo mi aveva sconvolta.
Chissà, forse anche per reagire a tutto questo il Miche aveva portato a casa la Pisola, che allora chiamavamo Pisolina dato che era minuscola e crollava addormentata di colpo e si risvegliava altrettanto di colpo per “azzannarci” un braccio o una caviglia e poi correre via.
La storia della Pisola è quella di tanti animali maltrattati.
Qualcuno l’aveva chiusa in un sacchetto di carta, di quelli che si usano per il pane, e l’aveva gettata nel cortile di un canile. Solo l’intervento di una volontaria, che aveva raccolto quel sacchetto prima che un cane se lo sbranasse, le aveva salvato la vita.
Così era finita da un veterinario dalle parti di Stazione Centrale, che l’aveva messa in vetrina insieme ad altri micini. Tutti avevano trovato casa tranne lei, “schifata” forse per il suo aspetto, io credo per il caratteraccio.
Altri gattini erano passati e altri erano andati, ma lei era rimasta in quella vetrina. Fino a quando non aveva incrociato lo sguardo del Miche che è uno proprio come me, e come me preferisce i reietti ai belli-e-fighi.
Il 3 ottobre 2001 il Miche non si è fermato a pensare, è entrato da quel veterinario, si è preso la Pisola e l’ha portata a casa. E quell’anno disgraziato si è fatto all’improvviso un pochino più leggero.
Ecco, così è andata con la Pisola, che di aspetto con il tempo si è un po’ ingentilita ma di carattere è rimasta quella di allora: mentre scrivo al computer queste righe mi sta mordendo un gomito.
Oggi ho un giorno libero e ho deciso di tentare di riordinare un caos domestico destinato a rimanere tale fino alla fine dei miei giorni.
Ho aperto una scatola piena di foto, due dita di polvere sul coperchio, ho trovato le immagini che vedete qui. E ho pensato che la storia della Pisola è proprio una bella storia. Per questo ve l’ho raccontata.
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Bellissimo Monica, come sempre quando parli di animali, dei tuoi animali. I ricordi legati ai nostri amici pelosi sono sempre emozionanti e raccontano pezzetti delle nostre vite. A loro credo vada il merito, ne sono convinta, di alleggerire i momenti meno belli, quelli più difficili. Anche io ho avuto una cosiddetta “gatta brutta” , ultima della nidiata (e si può intuire il perché! ) che alla fine si è rivelata la più dolce e affettuosa di quelli che ho avuto. Aveva il dono di capire sempre quando ero particolarmente giù, quando ero triste. Quando piangevo alla fine me la trovavo sempre in braccio e negli ultimi anni la chiamavo “la gattina della consolazione”. E’ vissuta fino a 17 anni, si chiamava Ciocori, per il colore marroncino indefinito del suo pelo. Non la dimenticherò mai.
Grazie Alessandra.Ciocori è stata una gattina fortunata come fortunata sei stata tu a incontrarla 🙂