Emma Bonino e il coraggio della paura

Non sono mai stata radicale, proprio mai, anche se ho apprezzato, dei radicali, tante importanti battaglie civili.

Non l’ho mai votata, proprio mai, e a volte ho avuto delle perplessità per quell’oscillare del suo partito a destra e a sinistra che io non ho mai capito.

Però per me è sempre stata un gran riferimento.

Una donna come avrei voluto essere anch’io.

Emma Bonino ha 67 anni e in questi giorni è sulle pagine dei giornali non tanto per le sue posizioni politiche e per gli incarichi che ha ricoperto. Lo è per una questione tosta, forse la più tosta di tutte. La sua lotta contro il cancro al polmone, che ha dichiarato pubblicamente di avere quattro mesi fa, e di cui ora ha vinto la prima battaglia: gli esami clinici e la tac danno segni di un bel miglioramento delle sue condizioni di salute.

Hanno detto in tanti che ci vuole coraggio a raccontare così il proprio stato di salute.

Hanno detto tutti che è lei è proprio coraggiosa.

Lo penso anch’io, ovviamente.

Ma quello che me ne fa un punto di riferimento è il coraggio che ha nell’ammettere la paura.

L'incontro tra Emma Bonino e il Papa. «L'erba cattiva non muore mai» le ha detto Francesco, invitandola a tenere duro.
L’incontro tra Emma Bonino e il Papa. «L’erba cattiva non muore mai» le ha detto Francesco, invitandola a tenere duro.

Avevamo parlato di questo, di coraggio e di paura, in un’intervista che le avevo fatto a Bruxelles negli anni in cui era commissario europeo con deleghe agli aiuti umanitari, ai consumatori e alla pesca (un bel mix, non c’è che dire…). Lei veniva da un volo a Sarajevo sotto i bombardamenti, da una missione a Cuba nella quale aveva convinto Fidel Castro a liberare un gruppo di prigionieri politici, e da un blitz in mezzo al mare dove si era fatta calare da un elicottero su una barca di pescatori per un’ispezione.

Accidenti che coraggio: «Accidenti no. Io ho sempre paura, sempre.

L’ho avuta in Sierra Leone, in Afghanistan, in Bosnia. Coraggio, per me, significa saper controllare la paura. Davanti all’abuso di potere sugli altri, per esempio. Ho dentro di me il senso dei diritti che vanno rispettati. Per i quali battersi. Io lo faccio, senza pensare alla mia debolezza. E a volte mi accade di essere come il piccolo Davide che riuscì a vincere il gigante Golia».

Coraggio e paura. Anche nella vita privata.

Paura. «Non ho voluto figli, io non so dire “per sempre” e un figlio è per sempre, richiede tolleranza, disponibilità, responsabilità che io ho paura di assumere».

Coraggio. «Tempo fa mi sono presa in affido due bambine, un magnifico atto di egoismo. In quattro anni mi hanno dato tantissimo: vitalità, gioia, divertimento. Certo, non mangiavano a orari regolari, ma sono cresciute sane. E quando sono andate via ho provato un dolore infinito. Ho persino cambiato casa, perché la sera non ce la facevo a rientrare. Sapevo che un giorno sarebbero tornate in famiglia. Ma un conto è l’idea, un altro è vivere le situazioni sulla propria pelle».

Coraggio e paura. Ci penso ogni volta che leggo di lei. Un mix che forse ha provato anche l’anno scorso, quando ha dovuto lasciare l’incarico di ministro degli Esteri a Federica Mogherini.

Ha raccontato: «Mi ha chiamato Renzi dieci minuti prima di annunciare il nuovo governo e mi ha detto “Niente di personale, ma questa è una nuova fase, mi servono nuove facce”. Ci sono rimasta male, vedevo che il merito non era riconosciuto e che improvvisamente facevo parte di un’altra generazione da buttare».

Riconoscere di far parte “di un’altra generazione da buttare” richiede coraggio. Perché sono parole che hanno dentro la paura.

Lo stesso, credo, è stato confessare la malattia. E affrontarla – anche pubblicamente – come sta facendo ora.

Che grande paura, ho pensato quando l’ho sentita annunciare di avere un tumore al polmone. Che grande coraggio, ho pensato quando l’ho vista con un bel turbante etnico in testa, a nascondere i segni della chemioterapia, intervenire agli incontri politici.

Su twitter sono mesi che c’è un gran tifo per lei con l’hashtag #forzaEmma. E in queste ore c’è una gran gioia per i primi successi delle cure.

Ecco, allora #forzaEmma. Una volta di più. Una volta ancora.

 

 

 

 

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