Oggi vorrei che qualcuno mi dicesse cosa è giusto e cosa è sbagliato. Che mi indicasse la strada per capire se il comportamento dei medici inglesi che hanno deciso di staccare la spina a Charlie Gard, bambino di 10 mesi, è giusto o è crudele. E cosa dovrebbero fare – per essere nel giusto – i due poveri genitori che non si rassegnano a perderlo.
Vorrei qualcuno che mi spiegasse fino a dove può arrivare la forza della scienza, quella che fa sentire onnipotenti, che porta a pensare che tutto dipende solo dalla volontà dell’uomo.
E vorrei che qualcuno invece mi spiegasse la sua debolezza, perché è debolezza tenere in vita con una macchina chi è nelle condizioni di quel piccolo bambino, che soffre e sempre più soffrirà e che forse avrebbe il diritto di andarsene senza diventare un caso mediatico, tra i commenti dei politici e i post su Facebook dei suoi genitori.
Su questa storia io sono confusa come mai sono stata.
Mi tornano in mente i genitori di una bambina sorda e cieca e con una malattia di quelle senza speranza che nel mio girovagare tra persone e storie ho incontrato anni fa. Erano poco più che ragazzi ma avevano sul volto i segni del dolore e della fatica. Avevano lasciato il lavoro e chiesto in prestito soldi e poi girato gli ospedali di mezzo mondo, senza mai piegarsi a ciò che ciascun medico aveva ripetuto loro: “Non c’è niente da fare”. Non volevano arrendersi ma un giorno hanno dovuto farlo.
Ho pensato a loro leggendo la storia straziante di Charlie Gard, inglese di 10 mesi, uno dei sedici esseri umani al mondo colpiti da depressione del dna mitocondriale, un male per cui non esistono cure. Da dieci mesi, tutta la sua brevissima vita, Charlie è attaccato a un respiratore al Great Ormond Street Hospital di Londra, in condizioni cliniche irrecuperabili (ha danni cerebrali) e in stato di grave sofferenza.
I medici hanno deciso che era giusto staccare la spina del respiratore.
I genitori di Charlie, Chris Gard e Connie Yates, hanno deciso che no, giusto non era.
Volevano portare il bimbo in America per tentare una cura sperimentale. L’ospedale si è opposto. E dopo vari ricorsi in tribunale, martedì la Corte europea dei diritti dell’uomo ha respinto definitivamente il loro appello.
Lo ha respinto perché il viaggio in America non avrebbe fatto altro che causare altre sofferenze a Charlie senza che ci fossero realistiche possibilità di miglioramento delle sue condizioni.
Perché il diritto alla vita non può essere imposto a un bimbo di dieci mesi a prezzo di terribili sofferenze.
Perché la volontà dei genitori di fare qualcosa a ogni costo potrebbe far perdere loro lucidità e senso del limite e non coincidere più con il supremo interesse di non fare soffrire una creatura indifesa.
E’ tutto molto ragionevole. Argomentato. Scientificamente ineccepibile.
Ma non sono sicura che sia giusto. C’è qualcosa che non torna.
No, non è giusto vivere unicamente perché c’è una macchina che ventila aria nei tuoi polmoni. Ma non è neppure giusto morire perché qualcuno ti impedisce di provarle tutte, anche un disperato viaggio in America voluto dai tuoi disperati genitori.
Tra qualche giorno la spina verrà staccata. Tra qualche giorno e non oggi, come doveva essere, perché i medici hanno deciso di concedere a Chris e Connie un po’ di tempo in più da trascorrere con il figlio. «Insieme a loro» hanno spiegato dall’ospedale «stiamo mettendo in atto gli interventi per assicurare la sua assistenza, e per dare loro più tempo insieme come famiglia».
Che forse, in questa storia tragica, zeppa di domande senza risposte, è l’unica cosa giusta.
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(aggiornamento 28 luglio) Charlie Gard è morto. «Il nostro splendido bambino se n’è andato»: questo l’annuncio dato dai genitori del bambino britannico malato terminale di sindrome da deperimento mitocondriale che ha sollevato un dibattito mondiale. Lo riferisce il Daily Mail.
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