E così, alla fine, sono andata a votare alle primarie del Pd.
No, non volevo farlo, innanzitutto perché il Pd nelle ultime due tornate elettorali non l’ho votato. Poi per rispetto della gastrite cronica con cui combatto negli ultimi anni. Provocata dalla delusione, dalla rabbia, dallo sconforto che il Pd mi ha fatto provare per le risse vergognose e le scelte tragicamente discutibili. E per quel “potere” usato non certo a favore della gente, che da un partito che dovrebbe essere di sinistra fa male ancora di più.
No, non volevo andare a votare alle primarie. Ma poi…
Sarà stata la manifestazione di ieri a Milano (di una società civile che non ne può più di un governo razzista), sarà che votare io l’ho sempre inteso come dovere e opportunità (mai delegare agli altri quello in cui credi tu), sarà che a Salvini un segnale bisogna darlo, e forse anche votare alle primarie Pd un segnale può essere, sarà che questa mattina sono stata svegliata da un messaggio whatsapp di uno che mi diceva: « Io voto Giachetti» (paura!), va beh, per tutto questo e per il mio caratteraccio testardo, che non si rassegna neppure davanti all’evidenza, mi sono alzata, ho cercato su Internet l’indirizzo del gazebo, ho afferrato la tessera elettorale e sono uscita seguita dallo sguardo di compatimento del Miche.
Il mio seggio – ho scoperto un po’ stupita – stava in un bar. Incredibilmente piccolo e incredibilmente affollato di elettori. Io – giuro – pensavo di non trovare nessuno. E non ho trattenuto un’espressione sbalordita. La stessa del tipo del Pd che stava firmando affannosamente le schede e che, evidentemente, da Renzi non aveva imparato la strafottenza. «Ne avevo preparate 120 e finirle stasera già mi sarebbe sembrato un miracolo. Invece sono andate via in un’ora» mi ha detto con lo sguardo di chi vede la Madonna. «Deve avere un po’ di pazienza, perché non posso far votare su schede non firmate».
Così mi sono ritrovata ad aspettare in coda e ho notato che:
– ero la più giovane (e dire che ormai sto per agguantare i 60 che non sono pochi).
– ero la più curiosa (scusi signor barista, ma perché le primarie nel suo locale? Perché sono un fan del Pd! l’incredibile – ma davvero incredibile – risposta).
– ero la più sincera (Voto Zingaretti perché per me Renzi è il male assoluto ho detto a un tipo che mi ha chiesto quale fosse la mia preferenza. Poi ho temuto che mi picchiasse, invece no).
– ero la più critica (Se voto per Zingaretti è perché è il meno peggio. Non c’è nessuno tra i tre candidati in cui mi riconosca davvero)
– ero la più polemica (all’anziana signora che sottolineava che “se abbiamo sfilato in 200.000 ieri, voteremo in 200.000 oggi” ho risposto che del Pd ieri forse ce n’erano mille…).
– ero la coordinatrice del dibattito, quello sullo spazio dato dai telegiornali alla manifestazione milanese. In secondo e anche terzo piano nei notiziari Rai, “forse su La7 è andata meglio” ho detto. Scatenando il popolo piddino contro la rete di Cairo (anche questa, una sorpresa), colpevole di dare troppo spazio a quel “disgraziato” (in realtà il termine era peggiore) di Travaglio.
– ero la più decisa (questa, cari tutti che siete qui con me in coda, è l’ultima possibilità che io do al Pd. Se non cambia qualcosa, addio per sempre, ho proclamato tra gente che annuiva e gente che mi guardava storto)
– ero anche la più allegra, perché in quella confusione inaspettata, per ingannare l’attesa mi sono mangiata una brioche al cioccolato preparata con amore dal barista fan del Pd. Che mi ha fregato 90 centesimi sul resto e non mi ha dato lo scontrino fiscale.
Ma pace, oggi è andata così!
“E’ l’ultima volta, eh triglia” mi sono detta quando finalmente sono uscita dal bar, ragazza degli anni Sessanta quale sono che continua a sperare e a illudersi.
E mi sono perdonata tutto, la brioche al cioccolato e il voto alle primarie che non volevo dare. Vedremo stasera come andrà.
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