Seguo ogni giorno il collegamento con Giulio Gallera, assessore regionale al welfare della Lombardia.
Alle cinque e mezzo del pomeriggio sono davanti al computer e mi segno i numeri del Covid19, contagi, ricoveri, guarigioni, morti di ogni provincia della Lombardia.
Ascolto il punto di Gallera e di chi gli sta accanto. Annuisco alla reprimenda “Siete troppi in giro… State a casa… Se i contagi non diminuiscono in modo sostanziale è colpa vostra ma sono le forze dell’ordine a dover controllare, non la Regione” (detto ieri ma – dopo le critiche che sono seguite – oggi è tutto diverso pensa un po’). Assisto smarrita alla situazione di Milano, la città dove vivo.
E alla fine mi accorgo di non aver capito niente.
Ma oggi, di fronte all’ennesimo elenco snocciolato da Gallera (i contagiati paiono scesi in maniera spettacolare dopo il picco da panico di ieri, ma domani chissà) ho deciso che il problema non sono io.
Io adesso voglio delle risposte chiare.
Chi sono i positivi, quanti sono in rapporto ai tamponi, come e perché ci si continua a contagiare, che cosa si fa davvero per far scendere i contagi.
Voglio delle risposte sui morti nelle case di riposo, storia agghiacciante che fa male persino leggerla sui giornali. Voglio delle risposte su cosa sta facendo la Regione per queste Rsa dove si sta consumando una strage, 143 morti solo al Trivulzio dall’inizio di marzo (“la commissione lavorerà per capire se ci sono stati errori e qualche ammanco dei gestori” dice Gallera. Capito? Qualche ammanco).
Voglio delle risposte sui medici di famiglia abbandonati a loro stessi.
Voglio delle risposte sul fatto che chiunque viva a Milano conosce persone che hanno la febbre e chiamano i numeri della Regione e si sentono dire stia a casa. Stia a casa e se sta peggio chiami il 112. Capito? E siamo nella Regione che si faceva vanto della qualità della sanità. Una sanità pubblica che è stata colpevolmente smantellata negli anni.
Voglio delle risposte sulle mascherine il cui arrivo è stato tanto annunciato (“ne abbiamo distribuite milioni”) e che continuiamo a non trovare.
Voglio delle risposte su chi alla fine il tampone riesce a farlo e si ritrova positivo e se non sta malissimo viene rimandato a casa. Una casa piccola come gran parte delle case della maggioranza dei milanesi, e finisce per contagiare tutta la famiglia.
Voglio delle risposte su perché non si abbia diritto a farlo, questo tampone. Anche pagandolo, se si può pagare.
Voglio delle risposte sui milioni investiti per un ospedale in Fiera dove sono ricoverate 6 persone.
Voglio delle risposte su cose piccole ma fondamentali. Nel supermercato nella mia zona ogni giorno ci sono code lunghissime, e la distanza di un metro viene rispettata non sempre, anzi quasi mai. Sarebbe così complicato intervenire per meglio organizzare le consegne a domicilio? Investire qualche soldo per garantire più spese a domicilio – meno gente in coda, meno possibilità di portare il contagio a casa – è un’idea così assurda?
Voglio delle risposte su come Milano e la Lombardia aiutano chi vive solo – tantissimi qui – e magari sta male e non ha nessuno.
Voglio delle risposte. E non i soliti numeri senza senso e i soliti rimbrotti che – temo – sentirò di nuovo ogni sera alle cinque e mezzo.
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Su change.org partiti e associazioni riuniti sotto il nome “Milano 2030” raccolgono firme per chiedere un commissario straordinario che prenda immediatamente in mano la gestione della sanità in Lombardia.
«La frammentazione dell’assistenza territoriale» si spiega nella petizione «la decisione di trasferire i malati di Covid19 nelle Rsa, lo scarso coinvolgimento della sanità privata lasciata libera di scegliere se e come collaborare, le cifre, esigue ai limiti del ridicolo, del bilancio regionale destinate alla gestione dell’emergenza, fanno della Lombardia l’area del mondo con il più alto tasso di casi e di decessi, con un prezzo gravissimo per il personale sanitario, i medici di base e gli ospiti delle residenze assistite».
Per firmare, cliccate qui.
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