Oggi vi parlo di fame.
Lo faccio perché ieri ho letto una notizia che mai avrei pensato di leggere: una bambina è morta di fame a Milano. Aveva nove mesi, viveva con i genitori italiani e disoccupati, e il nonno. Non sono stati trovati segni di violenza sul suo corpo, solo un’estrema magrezza. Pesava sei chili, la metà di quanto pesa generalmente un bambino della sua età.
Nella sua casa non c’era niente da mangiare, niente adatto a lei che aveva solo 9 mesi. Madre e padre sono stati denunciati, ma secondo la polizia è solo una storia di degrado e povertà.
Si può morire di fame senza che nessuno se ne accorga? Si può.
Ma se a Milano è un caso, in Costa d’Avorio è un’emergenza.In quel Paese muoiono 127 bambini sotto i 5 anni ogni mille, anche per fame. E nessuno lo sa, nessuno ne parla. La malnutrizione cronica raggiunge il 20,2% (di cui il 15% in forma severa) mentre il 50% dei piccoli in età prescolare soffre di anemia.
In Costa d’Avorio i bambini mangiano atieké, una specie di cous cous di manioca, banane, igname (un tubero locale). E basta. Non solo c’è poco cibo, ci sono anche credenze che peggiorano la situazione. «Non mangiare le uova, altrimenti diventerai un ladro da grande!» è, tra le altre, una delle convinzioni più comuni tra le mamme ivoriane.
Per questo ha un valore speciale la campagna lanciata dalla ong Ciai, che ha un titolo che dice tutto: “Non ha voce. Ma ha fame”. La raccolta fondi – che ha un numero solidale a cui si può donare 2 euro chiamando il 45505 ENTRO IL 4 MARZO – è finalizzata a realizzare un Centro nutrizionale pubblico dedicato a 500 bambini sotto i 5 anni che vivono in condizioni di salute e malnutrizione particolarmente critica. E vuol dare una mano anche a 100 mamme a cui andrà l’aiuto per l’avvio di attività agricole o di pastorizia che permetteranno loro di sfamare i figli.
Volete un esempio del lavoro del Ciai? Lo trovate qui, nel racconto di Mariam che è mamma di Latifa, una bambina denutrita che ogni giorno viene seguita dallo staff sanitario di CIAI. E anche qui, in un filmato che vi fa vedere Arthur, che ogni mattina compie il suo giro di visite ai bambini dei villaggi.
Contribuiscono a “fare rumore” nel silenzio che avvolge la grande emergenza fame Gioele Dix, Gianluca Guidi (che è stato in Costa d’Avorio a visitare i progetti del Ciai), Maria Amelia Monti, Marco Columbro, Giampiero Ingressia, Pamela Villoresi, Antonio Catania, Marco Ardemagni, Christian De Sica, Giorgio Panariello e tanti altri.
Facciamo anche noi: sul sito www.ciai.it si trovano tutte le indicazioni per poter dare una mano, anche con donazione libera.
È un’occasione per fare una bella cosa, e anche per riflettere sulla necessità di avere tutti un atteggiamento responsabile nei confronti del cibo.
Perché la malnutrizione significa fame, ma vuol dire anche troppo cibo. Vuol dire non avere abbastanza da mangiare come la bambina di Milano, o averne troppo: il tasso di obesità nei bambini in Italia supera di 3 punti percentuali la media europea. E proprio a questo proposito, e nell’ambito delle iniziative Expo Milano 2015, il Ciai organizzerà, in dieci scuole elementari e medie di Milano attività per bambini e ragazzi affinché possano diventare responsabili nei confronti del cibo. «Per esempio porremo a confronto la spesa quotidiana di una famiglia in Costa d’Avorio con quella di una di Milano» spiega Simona Molteni, responsabile della raccolta fondi Ciai, «mettendo in luce le diverse caratteristiche, dagli aspetti nutrizionali al packaging. E facendo riflettere su come le scelte che compiamo qui, nei Paesi industrializzati, hanno ripercussioni nel Sud del mondo».
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Sei di una umanità che straborda!
No no no. Io in realtà sono cattivissima. Ma ho una grande ammirazione per chi si spende per gli altri senza aspettarsi niente in cambio!