È stata la foto a colpirmi, ancor più dei numeri che seguivano. Il lancio stamattina dei dati Istat sulla povertà in Italia erano accompagnati dall’immagine di una mendicante che ho incontrato per mesi nel tratto di strada da casa mia alla fermata del bus.
Una vecchietta (almeno così sembrava, non sono mai riuscita a vederla in faccia), semisdraiata per terra, il volto sul marciapiede, la mano tremante a chiedere la carità, la gente del mattino, quella che corre sempre, che la scavalcava senza degnarla di uno sguardo.
L’ho fatto anch’io, settimana dopo settimana, corsa dopo corsa, a quell’ora è sempre troppo tardi…
Però c’è stato un giorno, uno in cui rovesciava la pioggia di questi temporali da bombe d’acqua, che non ce l’ho fatta a vederla sdraiata con la testa in una pozza e, dietro a lei, le auto che passavano e le tiravano acqua sulla schiena.
Così ho chiamato uno di quei numeri che dovrebbero intervenire in caso di emergenza.
Premessa: è vero, il numero di poveri sta crescendo e quello dei mendicanti ancora di più. Lo sapevo allora e lo so oggi, giorno in cui l’Istat rivela che 6 milioni e 20 mila italiani (uno su 10) vivono in povertà assoluta, che vuole dire non riuscire a comprare quello che ti serve per una vita dignitosa.
Accanto ai poveri “assoluti” ci sono quelli “relativi”: 10 milioni e 48 mila persone, il 12,6% delle famiglie, quelli che in due persone hanno un reddito mensile di 972,52 euro.
Assoluti e relativi sono termini da ragioniere, le persone però sono tante. A Milano davanti al Pane Quotidiano o all’Opera San Francesco si allungano le code di chi spera in un pasto o un sacchetto di cibo. Nei treni della metro, donne con i bambini in braccio passano con un bicchiere di carta in mano per raccogliere due monete. E anche per strada si chiede la carità, magari con la faccia nell’acqua, come la vecchia della foto di oggi.
E allora io ho chiamato: «C’è una donna sdraiata sotto la pioggia, è anziana credo, ha bisogno di aiuto, forse dovreste mandare qualcuno…». Risposta: «Sono troppi e noi troppo pochi. E poi sono abituati così, a loro va bene così».
Ecco, io non so ora se a ferirmi tanto (perché sono scema, ma mi sono sentita ferita) sono state le parole, o il tono con cui sono state pronunciate, o il senso di impotenza che ho provato… O forse avere capito che insieme alla “assoluta” e alla “relativa”, la povertà che cresce è di animo e di intelligenza. E se devo dirla tutta, è questa che dovrebbe preoccupare davvero, perché un panino si rimedia sempre, la consapevolezza di cosa ha bisogno chi ti vive accanto (anche se corri e non lo vedi) no.
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