Io l’ho saputo in un modo strano. Due giorni fa ero su un tram diretto in centro. Poco distante da me un uomo con la sciarpa che gli copriva il naso leggeva La Stampa. Sono tempi in cui è raro trovare, su un mezzo pubblico, qualcuno che legga un giornale di carta. Così ho fatto un passo avanti, per cercare di vedere un po’ meglio che faccia avesse. Ma l’occhio mi è caduto sulla pagina che aveva davanti. Sul titolo che apriva: «Il simbolo della lotta all’Eternit: “Troppa ingiustizia, lascio”».
Il 27 gennaio si celebra il giorno della memoria per ricordare le vittime dell’Olocausto. La data del 27 gennaio è stata decisa nel 2005 dall’Assemblea delle Nazioni Unite che ha fatto riferimento alla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte dei russi il 27 gennaio 1945.
«Povertà, emarginazione, discriminazione. Subite da un popolo che ha un governo corrotto, che nulla fa per la sua gente. Se non ci sei stato, in Nigeria, non riesci a immaginare com’è. Davvero non puoi».
Quando gli chiedo: «Ma che Paese è quello?» Francesco Sincich, antropologo (e anche fotografo e documentarista), che in Nigeria ci è andato per Medici senza Frontiere, mi risponde così. «Non puoi neppure immaginarlo».
Cosa ne pensi tu? Ce lo chiediamo tra noi da ieri, da quando le prime immagini dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo ci hanno inchiodato davanti agli schermi dei computer e della televisione. Che cosa ne pensi tu? E ognuno cerca una risposta che abbia un senso, che dia un significato a una strage che ne è priva.
Sono passati più di 20 anni dall’uccisione in Somalia dell’inviata della Rai Ilaria Alpi e dell’operatore Miran Hrovatin e di quell’omicidio non si conosce ancora la verità. È uno dei grandi misteri del nostro Paese, una delle vergogne italiane.