Ho paura del Covid, certo. Della malattia ma anche della situazione conseguente che mi ha fatto aprire gli occhi. Nella “grande Milano” dove vivo, nonostante l’aumento dei contagi, nonostante le sirene continue delle ambulanze (ne sta passando una anche ora, mentre scrivo), nonostante le terapie intensive sempre più piene, ci si trova in una situazione di incertezza assoluta. Non si sa cosa fare, non si sa a chi chiedere (aiuto), si assiste impotenti a certi deliri politici…
L’ho fatto perché trovo giusto rispettare le regole. Perché mi rendo conto che la pandemia è un’emergenza mai affrontata prima. Perché scagliarsi contro il Governo in un momento come questo porta a poco e forse non è neppure corretto.
Sarà una questione di privacy, ma sull’identità dei cinque parlamentari che si sono intascati (o hanno chiesto) il bonus da 600 euro prendendo indennità superiori ai 10 mila euro al mese forse si tace per sicurezza. Perché quando verranno fuori i nomi (e verranno, ogni giorno c’è un dettaglio in più, quindi chi sono si sa già) cadrà sulle loro teste una tale valanga di insulti che niente esclude che qualcuno pensi anche di prenderli a botte.
Ci sono numeri che bisogna conoscere. Numeri come questi.
Ogni minuto nel mondo 20 persone sono costretta ad abbandonare la propria casa a causa di guerre, carestia e fame, persecuzioni religiose o etniche, disastri ambientali.
Coraggiosi e altruisti, forti dei loro ideali e di un impegno che li porta a vivere vite disagiate in contesti poverissimi. O sconsiderati che corrono rischi enormi senza esserne consapevoli, pericolosi per sé e per gli altri. A dieci giorni dalla liberazione di Silvia Romano (la volontaria milanese rapita in Kenya e rilasciata dopo un anno e mezzo in Somalia), e mentre la Procura di Roma indaga sul sequestro e sui protocolli di sicurezza adottati dalla Onlus Africa Milele per la quale Silvia lavorava, si continua a discutere su quei giovani che se ne vanno in Paesi lontani ad aiutare chi non ha nulla.