L’hanno chiamato la strage di bambini.
L’ultimo, terribile atto di guerra che si è consumato il 4 aprile in Siria, nella provincia di Idlib, è un bombardamento chimico di cui organizzazioni internazionali e singoli governi, tra cui Unione Europea e Stati Uniti, accusano il regime del presidente siriano Bashar al Assad.
L’America ha risposto il 7 aprile lanciando 59 missili Tomahawk contro la base aeronautica militare siriana di Shayrat, quella da cui sarebbero partiti gli aerei che, sganciando gas tossici, hanno ucciso decine di persone.
E tra queste tanti, tanti bambini.
«Sono in Siria da più di un anno e un attacco così non l’ho mai visto» dice Massimiliano Rebaudengo, 43 anni, capo missione di Medici senza Frontiere in Siria.
Il peggiore attacco da anni, e per questo se ne è parlato in tutto il mondo.
Ma la strage di bambini in Siria si consuma ogni giorno.
Geert Cappelaere è il direttore regionale dell’Unicef per il Medio Oriente e l’Africa. «In Siria vivono circa 8 milioni di bambini» spiega. «Solo nel 2016 ne sono stati uccisi 652 e 850, anche di appena 7 anni, sono stati reclutati per combattere.
Ci sono bambini di 3 anni che lavorano per aiutare le famiglie. Oltre 280.000 minori sono intrappolati in aree sotto assedio. Circa 6 milioni di piccoli dipendono dall’assistenza umanitaria».
Numeri dietro ai quali c’è la vita quotidiana, che per i bambini della Siria è molto triste. Quasi due milioni non vanno a scuola. «Un edificio scolastico su tre è danneggiato, distrutto o usato a scopi militari o come rifugio dalle famiglie sfollate».
I disegni qui sotto, realizzati a fine 2016 dai bambini nei programmi di supporto psicosociale sostenuti dall’Unicef, mostrano dolori e gioie di esistenze che è quasi impossibile immaginare.
«Pensavamo che le violenze non potessero peggiorare» aggiunge Geert Cappelaere «invece sono aumentate e continuano a Al Raqqa, Damasco e Aleppo».
I bambini vivono continuamente sotto attacco.
«Oltre alle bombe, ai proiettili e alle esplosioni, spesso muoiono in silenzio per malattie facilmente prevenibili. L’accesso alle cure mediche, ad aiuti salva vita e ad altri servizi di base resta ancora difficoltoso. Ogni bambino è segnato da terribili conseguenze sulla sua salute, sul benessere e sul futuro».
Dice ancora Geert Cappelaere: «In Siria, i bambini vedono operatori umanitari, dottori e insegnanti rischiare le proprie vite per fare il proprio lavoro. Questi eroi di cui nessuno parla sfidano proiettili e bombe per svolgere le lezioni a scuola, curare i feriti e proteggere i civili. Raramente troviamo lo stesso impegno e coraggio nei leader politici in tutto il mondo che non sono riusciti a porre una fine a questa guerra».
Che è prima di ogni altra cosa una strage di bambini.
Cappelaere racconta di Saja, 13 anni, di Aleppo, «con cui ho parlato qualche giorno fa. È stata costretta a scappare per sette volte. Saja ha un solo desiderio: che la guerra in Siria finisca così che possa vivere senza preoccupazioni e in pace. Non ascoltare i bambini della Siria mette a rischio molto più del loro futuro: mette a rischio il futuro della regione e di tutto il mondo».
Attacchi chimici, bombardamenti, fame, povertà estrema. Non è tutto.
«In Siria ci sono mine e ordigni inesplosi piazzati ovunque, sotto i tappeti, nei frigoriferi, addirittura negli orsetti di peluche dei bambini» denuncia Karline Kleijer, coordinatore dell’emergenza in Siria per Medici senza Frontiere. E nessuno, di questi tempi, organizzazioni umanitarie o militari, interviene per sminare. Così gli abitanti cercano di fare da sé, spesso con conseguenze letali.
Karline Kleijer racconta di Jasem, un abitante del villaggio di Jirn, vicino Tal Abyad, che vive in un’area minata: «“Non riesco a dormire” mi ha detto “perché ho sempre paura che uno dei miei quattro bambini, o un cane oppure una pecora, possano calpestare una delle mine vicino casa. Quando un animale si avvicina, scappiamo via per paura che faccia esplodere la mina”».
Nonostante gli orrori e le sofferenze, ci sono tanti bambini determinati a seguire le proprie speranze e aspirazioni. Darsy, 12 anni, adesso rifugiato in Turchia, vuole diventare un chirurgo per aiutare i malati e le persone ferite del s uo Paese.
Sogna una Siria senza guerra, così da poter tornare a casa. Sogna un mondo senza guerre.
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