Bosnia, la denuncia di Amnesty: nessuna giustizia per le donne stuprate

Sono passati più di 20 anni dalla guerra che ha devastato la Bosnia e l’ex Jugoslavia tra il 1991 e il 1995 e oltre 20.000 donne sopravvissute alla violenza sessuale, una delle “armi” usate in quel conflitto, non hanno ancora avuto giustizia.

Lo denuncia Amnesty International, pubblicando il rapporto intitolato “Abbiamo bisogno di sostegno, non di pietà. L’ultima speranza di giustizia per le sopravvissute agli stupri di guerra”, nel quale mette in evidenza le devastanti conseguenze fisiche e psicologiche di quei crimini e gli ingiustificabili ostacoli che le donne devono affrontare per ottenere il sostegno e i risarcimenti cui hanno diritto.

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Durante la guerra migliaia di donne e ragazze vennero stuprate e sottoposte ad altre forme di violenza sessuale da soldati e appartenenti a gruppi paramilitari.
Molte vennero ridotte in schiavitù, torturate e messe incinte nei cosiddetti “campi degli stupri”.

Ci sono incontri che non si dimenticano, anche dopo 25 anni. Najra, che allora di anni ne aveva 22, l’ho incontrata a Spalato, dove era fuggita da Sarajevo, sua città natale.

Non si dava ragione di quella guerra che stava devastando il suo Paese. Soprattutto non si dava ragione dell’aver visto gli amici trasformarsi in nemici crudeli, solo perché di etnia diversa dalla sua.

Venticinque anni dopo io ce l’ho stampata in testa la faccia di Najra mentre mi raccontava dei 40 serbi che avevano aggredito e violentato una ragazzina musulmana di 12 anni che abitava nella casa accanto alla sua.

«Gli stessi con i quali, qualche mese prima, studiavo e andavo in vacanza. Amici, compagni che, dopo la violenza su quella bambina, avevano dato fuoco alla mia casa. E bruciato tutto: i miei libri, le mie foto, i miei vestiti, i miei ricordi».

Dice Gauri van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa:  «Oltre due decenni dopo la guerra, decine di migliaia di donne in Bosnia stanno ancora rimettendo insieme i pezzi delle loro vite distrutte potendo contare ben poco sul sostegno medico, psicologico ed economico di cui hanno disperatamente bisogno.

Via via che passano gli anni, passa anche la speranza di ottenere giustizia o ricevere il sostegno cui hanno diritto. Queste donne non riescono a dimenticare ciò che è accaduto e noi, a nostra volta, non dovremmo dimenticarlo».

Elma era al quarto mese di gravidanza quando venne portata in uno di quei campi e sottoposta ogni giorno a stupri di gruppo.

«Erano ragazzi del posto, avevano tutti il passamontagna. A turno mi chiedevano se fossi in grado di riconoscere chi mi stava sopra» ha raccontato ad Amnesty International.

Elma ha perso il bambino e ha riportato danni permanenti alla spina dorsale. Disoccupata, a distanza di quasi 25 anni non ha ricevuto alcun significativo aiuto finanziario da parte dello Stato e ha disperato bisogno di cure mediche e assistenza psicologica. 

Dal 2004, quando in Bosnia sono iniziati i processi per i crimini di guerra, neanche l’1 per cento del totale stimato dei casi di violenza sessuale durante il conflitto è arrivato in tribunale. I procedimenti portati a termine sono stati solo 123.

«Sono stati fatti passi avanti significativi nel campo della protezione e del sostegno alle testimoni, ma l’alto tasso di assoluzioni in alcune giurisdizioni e di sentenze ridotte in appello potrebbero pregiudicare questi progressi» denuncia Amnesty International.

«L’incremento dei procedimenti giudiziari non riesce a porre rimedio agli enormi ritardi.
Questa giustizia lenta e non all’altezza ha scoraggiato molte sopravvissute a farsi avanti, compromesso la fiducia nel sistema giudiziario e dato luogo a una generale sensazione d’impunità».

Amnesty donne stupri Bosnia
credit: ZIYAHGAFIC

Dopo la guerra Sanja, che era stata fatta prigioniera e ripetutamente stuprata da un comandante e dai suoi sottoposti, ha denunciato il suo aguzzino.
La polizia e la magistratura non hanno intrapreso alcuna azione e i servizi sociali non hanno riconosciuto la gravità della situazione di Sanja, negandole di conseguenza l’assistenza. 

«Non credo più a nessuno, specialmente allo Stato. Mi hanno tradito» ha detto ad Amnesty International. 

Una donna stuprata numerose volte dai paramilitari ha osservato: «Molte sopravvissute non vivranno abbastanza a lungo per ricevere giustizia».

«Ultimamente è stato rafforzato l’accesso al sostegno e sono stati migliorati i servizi per le sopravvissute» spiega Amnesty International.

«Ma si tratta di modifiche frammentarie nelle varie parti del Paese. L’accesso alle pensioni e ai servizi non è garantito né armonizzato nel Paese e dipende dal luogo di residenza.

Per esempio, la Republika Srpska non riconosce le sopravvissute alla violenza sessuale come categoria specifica di vittime di crimini di guerra e limita fortemente l’accesso alle forme di riparazione e di sostegno.

In questo modo la maggior parte delle sopravvissute che vivono nell’entità serbo-bosniaca non riceve una pensione mensile né ha diritto a cure mediche gratuite e a servizi di riabilitazione psicologica e sostegno sociale.

Tra le donne che hanno subito violenza sessuale i livelli di disoccupazione e di povertà tendono a essere alti. Sono tra i gruppi più vulnerabili dal punto di vista economico».

Amnesty donne stupri Bosnia
credit: ZIYAHGAFIC

Dice ancora Gauri van Gulik, vicedirettrice di Amnesty International per l’Europa: «Negli ultimi anni abbiamo registrato importanti passi avanti ma la distanza da percorrere è ancora grande. Se il trauma del passato non potrà mai essere annullato, non è troppo tardi per assicurare a queste donne un futuro in cui i loro diritti e la loro dignità potranno essere finalmente recuperati».

 

 

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