Il 3 ottobre è la Giornata della memoria e dell’accoglienza.
Ricorda quanto è accaduto il 3 ottobre 2013, alle 4.30 del mattino, quando una nave partita dalla Libia si rovescia a meno di un chilometro dall’Isola dei Conigli, a Lampedusa.
A bordo ci sono tra le 520 e le 550 persone.
Nonostante l’intervento di alcuni pescatori accorsi per le grida, 368 migranti, quasi tutti dell’Eritrea, muoiono annegati. E’ una delle tragedie dell’immigrazione accadute nel Mediterraneo. Una delle più gravi, ma solo una delle tante.
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In piedi sul palco del teatro Gobetti, a Torino Spiritualità, il ragazzo Karam Mansour racconta la sua traversata per mare.
Quindici giorni e quindici notti su una barca che avrebbe potuto portare al massimo venti persone, stretto tra altri 100 come lui, partiti per quel diritto alla vita che nei Paesi dell’Africa che avevano lasciato non avrebbero avuto mai.
Il ragazzo Karam parla in un italiano ancora stentato. «Fame, sete. E poi botte e umiliazioni e violenze». Fino all’ultima, quando lo scafista getta tutti in mare al largo delle coste siciliane. «Ha detto o vi buttate o vi uccido a colpi di pistola. Mi sono buttato con i miei due amici».
Il pubblico che lo ascolta nel teatro di Torino quasi non respira.
Karam, in piedi, dritto, racconta dei tanti che ha visto annegare subito, senza più forze per la fatica del viaggio e per il cibo e l’acqua che qualche giorno dopo la partenza erano già finiti.
Ma lui è giovane, ha 17 anni come i suoi amici, e nuota.
Quando uno dei due ragazzi con lui non ce la fa più lo sorregge, cerca di sostenerlo, ma il suo amico scivola sotto, una volta, due volte. Non riemerge più.
Poi tocca all’altro, chiudere gli occhi e smettere di lottare e annegare a un paio di chilometri dalla riva.
Karam ce la fa «non so, ma ho toccato riva», ora vive a Torino e su quel palco vuole ricordare che sui 100 partiti ne sono arrivati vivi 22, dopo la traversata di un Mediterraneo che è diventato un cimitero di mare.
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Grazie alla legge n. 45 del l 21 marzo 2016, il 3 ottobre è diventato il giorno del ricordo e della riflessione sulle tragedie che si consumano nei nostri mari.
Per celebrarlo, Lampedusa ospita in questi giorni 200 studenti di tutta Europa, insieme a superstiti e familiari di vittime dei naufragi, nell’ambito del progetto “L’Europa inizia a Lampedusa”.
L’obiettivo è far conoscere ai ragazzi il fenomeno migratorio, la globalizzazione socio-culturale, l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati richiedenti asilo. E soprattutto la solidarietà verso chi ha, o ha avuto, la forza di partire.
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C’è un piccolo libro di Erri De Luca. Si intitola “Se i delfini venissero in aiuto” e De Luca lo ha scritto dopo aver passato due settimane sulla nave di Medici senza Frontiere che soccorre i migranti in mare.
«Sbarcato» racconta De Luca «ho trovato in terraferma calunnie e voci a vanvera sui soccorritori di naufraghi che ho conosciuto. Reagisco con questa cronaca, una nota in margine a una verità ferita».
Scrive nel libro Erri De Luca:
Se i delfini venissero in aiuto dei dispersi in mare,
li accuserebbero di complicità coi trafficanti.
In verità la loro fandonia
intende accusare i soccorritori
d’interrompere il regolare svolgimento del naufragio.
Perché siamo e dobbiamo rimanere contemporanei incalliti
del più lungo e massiccio affogamento in mare
della storia umana.
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Dal 2014 a oggi 15 mila migranti sono morti nel Mediterraneo tentando di raggiungere l’Europa. Nei primi nove mesi del 2017 i morti sono stati 2.681 di cui il 93,3% sulla rotta migratoria verso l’Italia.
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